La bella signora – così rassomigliante, oh, così rassomigliante al morto! – mi guardò con un’occhiata fissa, e poi si portò la mano alla fronte. Io la supplicai d’esser forte, e di prepararsi a sopportare ciò che avevo da dirle; ma avrei dovuto scongiurarla di piangere, perché era rimasta immobile come una statua.
– L’ultima volta che fui qui – balbettai – la signorina Dartle mi disse ch’egli errava di qua e di là per mare. L’altra notte il mare è stato terribile. Se egli era in mare quella notte e in vista d’una costa pericolosa, come si dice che fosse; e se la nave che fu vista era veramente quella...
– Rosa! – disse la signora Steerforth – vieni qui!
Rosa si mosse, ma senza simpatia e di cattiva grazia. Gli occhi le lucevano come fuoco, di fronte alla signora, e fece udire un terribile riso.
– Finalmente – ella disse – il tuo orgoglio è soddisfatto, folle! Ora che t’ha chiesto perdono... con la vita... Con la vita, intendi?
La signora Steerforth, caduta indietro nella poltrona, e non dando altro segno di vita che con un gemito, la guardava con gli occhi spalancati.
– Sì! – esclamò Rosa, battendosi violentemente il petto – guardami! Piangi, e gemi, e guardami! Guarda qui! – e si toccava la cicatrice – l’opera di tuo figlio morto!
Il gemito che cacciava di tanto in tanto la madre mi toccava il cuore. Ed era sempre lo stesso, sempre inarticolato e soffocato, sempre accompagnato da un debole movimento del capo, ma senza alcun mutamento nel viso; sempre proferito dalla bocca semichiusa e dai denti stretti, come se la mascella fosse inchiodata e il volto irrigidito dal dolore.
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Dartle Steerforth Steerforth Rosa
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