In tutto quel tempo, la signora Steerforth era rimasta immutata, e sembrava immutabile. Immobile, rigida, fissa; gemente di tanto in tanto nella stessa sorda maniera, con un disperato cenno del capo, ma con nessun altro segno di vita. Improvvisamente la signorina Dartle le s’inginocchiò accanto, e cominciò a scioglierle le vesti.
– Siate maledetto! – disse, guardandomi con un’espressione di rabbia e insieme di dolore. – Maledetta quell’ora che entraste qui la prima volta! Siate maledetto! Andatevene.
Dopo esser uscito dalla stanza, rientrai per sonare e avvertire i domestici. Ella teneva nelle braccia la signora impassibile, e la baciava piangendo, e la chiamava, e la cullava sul suo seno come una bambina, tentando ogni mezzo per svegliarle i sensi assopiti. Non temei più di lasciarle sole, e ridiscesi senza rumore, avvertendo, nell’uscire, i familiari.
Più tardi, durante il giorno, ritornai, e lo deponemmo nella stanza di sua madre. Mi fu detto ch’ella stava sempre nelle stesse condizioni; la signorina Dartle non la lasciava un istante; i medici le erano intorno, tentando vari rimedi; ma ella rimaneva come una statua, e soltanto gemeva di tanto in tanto.
Traversai quella triste casa, e chiusi le imposte delle finestre. Chiusi per ultimo la finestra dov’egli riposava. Sollevai la mano di piombo e me la misi sul cuore, e il mondo intero mi parve morte e silenzio, interrotti solo dal gemito della madre.
LVII.
GLI EMIGRANTINon avevo che un’altra cosa da fare prima di cedere alla stretta di tante ambasce: nascondere ciò che era avvenuto alla conoscenza di quelli ch’erano in procinto d’emigrare; e farli viaggiare felicemente ignari.
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Steerforth Dartle Maledetta Dartle
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