Dai bambini che non avevano vissuto che una o due settimane, a vecchi curvi e a vecchie che sembravano non dovessero vivere che una o due settimane ancora; e dai robusti bifolchi che avevano appiccicata alle scarpe un po’ di terra natia, ai fabbri che portavano sulla pelle le impronte del fumo e della fuliggine d’Inghilterra, si stipavano nell’angusto spazio del traponte rappresentanti di tutte le età e di tutte le professioni.
Dando un’occhiata in giro, mi parve di veder seduta, accanto a un finestrino aperto, con uno dei bambini di Micawber accanto, una donna che aveva l’aria di Emilia. La notai, perché in quel momento era baciata da un’altra, che poi si dileguò tranquillamente nella confusione, dandomi una vaga impressione di... Agnese! Ma nella ridda dei miei pensieri, e nell’alternarsi di tante sensazioni, la persi di vista di nuovo; e seppi soltanto che era già l’ora d’andarsene, e si avvertivano tutti i visitatori di lasciare il bastimento; che la mia domestica piangeva su una cassa accanto a me; e che la signora Gummidge, aiutata da una giovane vestita di nero che mi voltava le spalle, ordinava i bagagli del pescatore Peggotty.
– Avete qualche altra parola da dirmi, signorino Davy? – egli mi disse. – Avete dimenticato qualche cosa?
– Una – dissi. – Marta!
Egli toccò sulla spalla la giovane che ho già menzionata, e Marta mi stette di fronte.
– Dio vi benedica, uomo generoso! – esclamai. – La conducete con voi!
Ella rispose per lui, con uno scoppio di pianto Mi fu impossibile di dire una parola in quel momento; non potei che stringergli forte forte la mano.
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