.. amore, amicizia, speranza; di tutto ciò che era stato infranto... la mia prima fede, il mio primo affetto, l’intero fantastico edificio della mia vita; di tutto ciò che rimaneva... un deserto di rovine, che mi s’estendeva vasto intorno, ininterrotto, fino al buio orizzonte.
Se il mio dolore era egoistico, non lo sapevo. Piangevo su mia moglie-bimba, divelta così giovane dal suo stelo in fiore. Piangevo colui che avrebbe conquistato l’amore e l’ammirazione di migliaia, come aveva conquistato il mio amore e la mia ammirazione lungo tempo prima. Piangevo il cuore straziato che aveva trovato la pace nel mare burrascoso; e le reliquie sparse della modesta dimora, dove io bambino avevo udito soffiare il vento della notte.
Dall’abisso di tristezza, in cui ero caduto, non vedevo più alcuna speranza di salvezza. Erravo di luogo in luogo, portando da per tutto il mio carico di tristezza. Ne sentivo tutto il peso, e andando curvo, mi dicevo in cuore che non ne sarei stato mai alleggerito.
In quei momenti di scoraggiamento, credevo di dover morire. A volte pensavo che mi sarebbe piaciuto di morire in patria, e veramente tornavo indietro, per raggiungere il suolo d’Inghilterra. Altre volte continuavo ad errare di città in città, cercando non so che, e tentando di fuggire non so che.
Mi sarebbe impossibile descrivere a una a una tutte le fasi della mia ambascia. Certi sogni non si narrano che molto vagamente e imperfettamente; e se mi sforzo di concentrarmi su questo periodo della mia vita, mi sembra di voler rievocare un sogno dello stesso genere.
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Inghilterra
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