Avevo compreso che le cose che non accadono hanno spesso su di noi, come quelle che accadono, degli effetti reali. Gli anni di cui ella parlava erano ora una realtà per la mia pena; e lo sarebbero stati un giorno, un po’ più tardi forse, se ci fossimo separati alla nostra prima irragionevolezza. Mi sforzai di convertire ciò che sarebbe potuto essere fra me e Agnese in un mezzo per divenire più coraggioso, meno egoista, più conscio di me stesso, e dei miei difetti ed errori. E così pensando a ciò che sarebbe potuto essere, arrivai alla convinzione che la mia speranza non si sarebbe avverata mai.
Questa, con la sua incertezza e inconsistenza, fu la mobile sabbia del mio spirito, dal tempo della mia partenza al tempo del mio ritorno in patria, tre anni dopo. Erano passati tre anni dalla partenza del bastimento degli emigranti, e nella stessa ora del tramonto, e nello stesso luogo, sul ponte della nave che mi aveva riportato in patria, io stavo con gli occhi fissi sulle onde rosee che avevano specchiato l’immagine di quel bastimento.
Tre anni. Un lungo periodo in complesso, benché fosse trascorso così rapidamente. E la patria m’era assai cara, ed anche Agnese... ma ella non era mia... non sarebbe mai stata mia. Una volta, forse, lo sarebbe stata, ma ora non più!
LIX.
RITORNOUna rigida sera d’autunno sbarcai a Londra. Era buio e pioveva, e vidi più nebbia e fango in un minuto di quanto ne avessi visti in un anno. Feci a piedi il tratto dalla Dogana al Monumento prima di trovare una vettura, e benché i vecchi cornicioni, sulle grondaie gonfie, mi avessero l’aria di vecchi amici, non potei non pensare che mi sarebbero piaciuti più puliti.
| |
Agnese Agnese Londra Dogana Monumento
|