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      Stamattina ho ricevuto una sua lettera bellissima.
      – In una parola, mio caro amico – io dissi – tu sei felice come meriti d’essere.
      – Oh! Ti fa velo l’amicizia! – disse ridendo Traddles. – Ma, veramente, io sono da invidiare. Lavoro molto, e studio instancabilmente. M’alzo alle cinque tutte le mattine, e non ci penso neanche. Nascondo le ragazze di giorno, e mi diverto con loro la sera. E ti assicuro che mi dispiace molto che se ne tornino a casa martedì, che è la vigilia di San Michele. Ma ecco – disse Traddles lasciando il tono confidenziale e parlando a voce alta – ecco le ragazze! Il signor Copperfield, signorina Carolina... signorina Sara... signorina Luisa... Margherita e Lucia!
      Esse erano un vero mazzolino di rose, fresche piene di salute. Erano tutte leggiadre, e la signorina Carolina era molto bella, ma v’era nei lucenti occhi di Sofia un non so che di amabile, sereno e casalingo che era più pregevole della bellezza, e che mi assicurava che il mio amico aveva scelto bene. Sedemmo tutti attorno al fuoco; mentre il ragazzetto sbarazzino, che ora era senza fiato per aver tirato dall’astuccio le carte che aveva messe in tavola, e poi portate via di nuovo, presentava le tazze per il tè. Dopo di che, per quella sera se ne andò, chiudendosi la porta dietro con un colpo forte. La signora Traddles, raggiando con perfetto piacere e compostezza dai suoi occhi casalinghi, dopo aver fatto il tè, si mise in un cantuccio del focolare a tostare il pane. Mi disse, mentre tostava il pane, d’aver visto Agnese.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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