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      Insomma, fu una scena alla quale non potei non ripensare con piacere, dopo che ebbi riaccompagnato Traddles e gli ebbi dato la buona notte. Se avessi visto fiorire un migliaio di rose in un appartamento dell’ultimo piano di quel vecchio edificio di Gray’s Inn, lo spettacolo non mi sarebbe parso più splendido e lieto. La sola idea di tutte quelle signorine del Devonshire, in mezzo a tutti quegli uffici di avvocati e giureconsulti incartapecoriti; e del tè e dei crostini, e delle cantilene per i bimbi, in quella grave atmosfera di artigli e di pergamena, di spago rosso, di ostie polverose, di bottiglie d’inchiostro, di carta bollata, di processi verbali, di decreti, di dichiarazioni e di parcelle, mi sembrava quasi così piacevolmente fantasiosa come l’aver sognato che la famosa famiglia del Sultano fosse stata iscritta nella lista degli avvocati e procuratori, e avesse portato in Gray’s Inn Hall l’uccello parlante, l’albero armonioso e l’acqua d’oro. A ogni modo, m’accorsi che, congedatomi da Traddles per quella sera, e tornato al caffè, un gran mutamento era avvenuto in me e che non avevo più alcun timore per lui. Cominciai a pensare che; egli si sarebbe fatto strada, a marcio dispetto di tutti i vari ordini dei capi camerieri d’Inghilterra.
      Traendomi una sedia innanzi a uno dei caminetti del caffè per pensar di Traddles a mio agio, passai gradatamente dalla meditazione sulla sua felicità alla contemplazione delle figurazioni dei carboni accesi, e al ricordo, nell’atto che si rompevano e mutavano, delle vicende principali e dei distacchi che avevano contrassegnato la mia carriera.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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