E sapete che vi debbo dire, signore? – egli continuò dolcemente inclinando la testa da un lato. – Che io non trovo nel Nuovo Testamento nulla che possa autorizzare il signore e la signorina Murdstone a un simile rigore.
– Neanche io l’ho trovato mai – dissi.
– Intanto, signore – disse il signor Chillip – essi si fanno detestare; e siccome s’affrettano a dannare alle pene eterne quanti li detestano, abbiamo continuamente dei dannati dalle nostre parti. Però, dice mia moglie, signore, ch’essi son sottoposti a un continuo castigo: debbono divorarsi il cuore, e con cuori tanto cattivi non debbono stare allegri. Ora, signore, parliamo del vostro cervello, se mi permettete di parlarne. Non lo esponete a una soverchia fatica?
Non mi fu difficile, date le condizioni d’eccitazione in cui il signor Chillip aveva ridotto il proprio, esponendolo ai fumi del vino, di dirigere la sua attenzione da questo argomento alle sue faccende particolari, sulle quali egli si diffuse loquacemente nella mezz’ora che seguì; facendomi comprendere, fra l’altro, che egli era lì al caffè di Gray’s Inn per deporre innanzi a una Commissione di psichiatri sulle condizioni di spirito di un malato impazzito per abuso di bevande alcooliche.
– E vi assicuro, signore – egli disse – che mi sento molto agitato in simili occasioni. Non mi piacerebbe d’esser ciò che si dice pettinato. Non ci vuol molto a mettermi fuor dei cardini. Sapete che ci volle del tempo per riavermi dal modo come fui trattato da quella terribile donna la notte della vostra nascita, signor Copperfield?
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