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      – No, no! Sono così felice di rivedervi, Trotwood!
      – Cara Agnese, son io felice di rivedervi di nuovo!
      Me la strinsi al cuore, e per un po’ tacemmo entrambi. Poi ci sedemmo l’uno accanto all’altro, e il suo viso d’angelo era rivolto verso il mio col benvenuto che avevo sognato, vegliando e dormendo, per anni interi.
      Era così cara, così bella, così buona... le dovevo tanta gratitudine, m’era così diletta, che non potevo esprimere ciò che sentivo. Tentai di benedirla, tentai di ringraziarla, tentai di dirle (come avevo fatto nelle lettere) quale influenza ella avesse avuto su di me; ma tutti i miei sforzi furono vani. Il mio amore e la mia gioia erano muti.
      Con la sua dolce tranquillità ella calmò la mia agitazione; mi ricondusse al tempo della nostra separazione; mi parlò di Emilia, da lei visitata molte volte in segreto; mi parlò teneramente della tomba di Dora. Con l’infallibile istinto del suo cuore soave, toccò le corde della mia memoria delicatamente e armoniosamente, senza farne stridere nessuna. Io potevo ascoltare la loro mesta e lontana musica, senza soffrir d’alcun ricordo da lei ridestato. E come soffrirne, quando il cuore di lei era fuso in tutto, il cuore del diletto angelo della mia vita?
      – E voi, Agnese – dissi finalmente – parlatemi di voi. Non mi avete quasi detto nulla di voi, in tutto questo tempo.
      – Che debbo dirvi? – ella rispose, col suo radioso sorriso. – Papà sta bene. Voi ci trovate qui, cheti e tranquilli in casa nostra: le nostre inquietudini si sono dileguate; casa nostra è nostra.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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