Li abbandonammo a loro stessi e al loro sistema, e ce ne andammo via dubitosi..
– Forse è bene, Traddles – io dissi – che una insana tendenza sia accanitamente coltivata: è più presto soppressa.
– Forse sì – rispose Traddles.
LXII.
UN ASTRO SUL MIO CAMMINOEravamo giunti a Natale, ed io ero a casa da più di due mesi. Avevo visto spesso Agnese. Per quanto alta fosse la voce d’incoraggiamento che mi veniva dal pubblico, e fervidi lo sforzo e la commozione che in me suscitava, la minima parola di lode dettami da lei valeva cento volte più delle altre.
Andavo a trovarla e a passar la serata in casa sua almeno una volta la settimana, e talora più spesso. Di solito tornavo a casa la notte a cavallo; perché ero ripreso dal mio antico sentimento di tristezza... specialmente quando la lasciavo... ed ero lieto d’esser all’aperto a cavallo e di non stare a rivangare il passato in una insonnia penosa o in sogni ancora più penosi. Passavo dunque a cavallo la parte più lunga di quelle tristi notti, rievocando per strada, i pensieri che m’avevano occupato nella mia lunga assenza.
O, per esprimermi con maggior precisione, ascoltando gli echi di quei pensieri, che mi arrivavano come da una remota distanza. Li avevo allontanati, accettando il mio inevitabile destino. Quando leggevo ad Agnese ciò che scrivevo, vedendo il suo volto intento muoversi al riso o al pianto, e udendo la sua voce soave prendere una parte così viva agli eventi ideali del mondo fantastico in cui vivevo, pensavo a ciò che avrebbe potuto essere la mia vita.
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