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      – No! – ella rispose, con uno sguardo di sorpresa.
      – Dubitate che io non sia più per voi ciò che sono sempre stato?
      – No! – rispose, come la prima volta.
      – Ricordate che tentai di dirvi, nel momento del mio ritorno, il debito di gratitudine che avevo verso di voi, carissima Agnese, e tutto l’ardore affettuoso che sentivo per voi?
      – Me lo ricordo benissimo – ella disse dolcemente.
      – Voi avete un segreto – dissi. – Permettetemi d’esserne a parte, Agnese.
      Ella abbassò gli occhi e tremò.
      – Difficilmente avrei ignorato, anche se non l’avessi saputo... non dalle vostre labbra, Agnese, il che è strano, ma da altre... che v’è qualcuno al quale avete largito il tesoro del vostro amore. Non mi escludete da ciò che riguarda così da vicino la vostra felicità. Se, come dite, avete fiducia in me, trattatemi da amico, da fratello, specialmente in questa circostanza.
      Con uno sguardo supplichevole e quasi di rimprovero, si levò dalla finestra, traversò rapidamente la stanza come se non sapesse dove andare, si portò le mani al viso, e scoppiò in un pianto che mi straziò il cuore.
      E pure quel pianto svegliò in me qualche cosa che mi rianimò. Senza saper perché, quelle lagrime s’associavano nel mio spirito al melanconico sorriso che m’era così fisso in mente, e mi facevan fremere più di speranza che di paura o tristezza.
      – Agnese, sorella mia, diletta mia, che cosa ho fatto?
      – Lasciatemi andare, Trotwood. Non mi sento bene. Non son più io. Vi parlerò poi... vi parlerò un’altra volta. Vi scriverò. Non mi parlate, ora.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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