No, non mi parlate!
Cercai di ricordare ciò che ella aveva detto, quando le avevo parlato quella sera, sul suo affetto che non aveva bisogno d’esser ricambiato.
Mi sembrava che dovessi esplorare il mondo un momento.
– Agnese, io non posso sopportare di vedervi in questo stato, e pensare d’esserne la causa. Agnese mia cara, più cara di qualunque cosa nella vita, se voi siete infelice, lasciatemi dividere la vostra infelicità. Se avete bisogno di aiuto o di consiglio, lasciatemi tentar di darvelo. Se avete un peso sul cuore, lasciatemi tentare di alleggerirvelo. Per chi debbo vivere, Agnese, ora, se non per voi?
– Oh, risparmiatemi! Io non sono io. Un’altra volta – era tutto ciò che potevo distinguere delle parole di Agnese.
Era un errore di egoismo che non mi allontanava da lei? O, avendo un barlume di speranza, s’apriva innanzi a me una prospettiva alla quale non avevo osato pensare?
– Io debbo parlare ancora. Non è possibile che voi mi lasciate andar così. Per amor del Cielo, Agnese, non c’inganniamo a vicenda dopo tanti anni e dopo tutto ciò che si è svolto e s’è dileguato con essi. Debbo parlare sinceramente. Se voi temete che io possa esser geloso della felicità che potrete dare a un altro, che non possa vedervi affidata a un protettore più caro, scelto da voi; che non possa, nella mia solitudine, esser lieto testimone della vostra gioia; bandite questo timore, perché non merito un simile sospetto. Io non ho sofferto invano. Le vostre lezioni non sono andate perdute. Non v’è la minima ombra d’egoismo in ciò che sento per voi.
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