La piccola Agnese, attratta dagli sguardi dello straniero, gli era corsa incontro per farlo entrare, e io non lo avevo visto ancora distintamente in faccia, quando mia moglie, balzando in piedi, mi gridò, agitata e commossa, che era il pescatore Peggotty.
Era lui. Vecchio, ma d’una vecchiezza vegeta e vigorosa. Calmata la nostra prima commozione, egli si sedé accanto al fuoco coi miei bambini sulle ginocchia e i riflessi delle fiamme in viso, e mi parve così forte e così robusto, e bello anche, direi, come nessun vecchio mai.
– Signorino Davy – egli disse; e l’antico appellativo nell’antico tono mi sonava così naturale all’orecchio! – Signorino Davy, è una gran gioia per me rivedervi con la vostra buona signora.
– Anche per noi, mio vecchio amico! – esclamai.
– E questi bei piccini! – disse il pescatore Peggotty. – Sembrano tanti fiori! Non eravate più alto del più piccolo di questi bambini quando vi vidi la prima volta, signorino Davy. E l’Emilia non era più grande neppure lei, e il nostro povero ragazzo era ancora piccino.
– Il tempo m’ha cambiato molto più che non abbia cambiato voi da allora – dissi. – Ma lasciate andare questi monelli a letto; e siccome non posso permettere che in tutta l’Inghilterra vi dia ricetto un’altra casa che non sia la mia, ditemi dove debbo mandare a prendere il vostro bagaglio (scommetto che v’è compreso anche il sacco nero che ha viaggiato tanto!), e poi, bevendo un po’ d’acquavite e d’acqua come si fa a Yarmouth, passeremo in rassegna tutti gli avvenimenti del trascorso decennio.
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