Aveva addosso un vecchio giornale che parlava della burrasca. E fu così ch’essa seppe tutto. Quando tornai a casa la sera, trovai che lo sapeva.
Abbassò la voce dicendo quelle parole, e il suo viso assunse quella gravità che tante volte avevo notata in lui.
– E questo la cambiò molto? – chiedemmo.
– Sì, per lungo tempo – egli disse, scotendo il capo – se non fino a oggi. Ma credo che la solitudine le abbia fatto bene. E poi ha molto da fare con le galline e i tacchini e le altre bestie. Ne fu abbattuta, ma poi si riebbe. Non so – disse con aria pensosa – se riconoscereste più l’Emilia, signorino Davy.
– È così cambiata? – chiesi.
– Non so. Vedendola tutti i giorni, non so; ma certe volte, ci ho pensato. Magra, magra – disse il pescatore Peggotty, contemplando il fuoco – consumata, tenera, mesta, con quei suoi occhi azzurri; un viso delicato, una bella testa un po’ curva; una voce tranquilla... quasi timida. Ecco com’è diventata l’Emilia.
Noi l’osservammo in silenzio, mentre egli contemplava il fuoco con aria pensosa.
– Alcuni credono – ripigliò – che avesse mal collocato il suo affetto; altri che il suo matrimonio fosse rotto dalla morte. Nessuno sa la verità. Ella si sarebbe potuta maritare molte volte, «Ma, zio – mi dice – per me è finita». Si mostra allegra con me, ma è molto riservata quando ci sono degli estranei. È capace di fare un viaggio, se si tratta di dare una lezione a un bambino, o di vegliare un malato o di rendere qualche servigio a una ragazza che va sposa (ne ha fatti molti di matrimoni, ma non ha mai voluto assistere ad uno). Essa vuol molto bene a suo zio.
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