– E che fece la signora Gummidge? – chiesi, dopo essermi in qualche modo ricomposto.
– Lo credereste? – rispose il pescatore Peggotty. – La signora Gummidge, invece di dire: «Grazie, vi sono molto obbligata, ma non mi sento alla mia età di cambiar metodo di vita», prese un secchio d’acqua che le stava accanto, e glielo vuotò in testa. Il disgraziato cuoco, inzuppato che pareva un naufrago, si mise a gridare aiuto, e io corsi a salvarlo.
Il pescatore Peggotty scoppiò in un’altra grossa risata, e Agnese e io gli tenemmo compagnia.
– Ma debbo far giustizia a quella povera donna – egli ripigliò, asciugandosi il volto, quand’ebbe riso fino alle lagrime. – Ella ha mantenuto tutto ciò che aveva promesso e ha fatto anche di più. È stata la più volonterosa, la più fedele, la più attiva donna, che abbia mai respirato, signorino Davy. Non l’ho mai più sentita lagnarsi d’esser sola e abbandonata, neppure per un istante, neppure quando la colonia era ancora da formare ed eravamo appena sbarcati. E non ha pensato più al vecchio, vi giuro, da che ha lasciato l’Inghilterra.
– Ora, del signor Micawber – dissi. – Egli ha pagato tutte le cambiali che aveva lasciate, anche quella di Traddles, ricordi, mia carissima Agnese? E perciò immaginiamo che tutto gli vada a seconda. Ma quali sono le sue ultime notizie?
Il pescatore Peggotty sorridendo portò la mano alla tasca della giacca, e ne cavò un involtino di carta, dal quale trasse, con molta cura, uno strano giornaletto.
– Bisogna che sappiate, signorino Davy – egli aggiunse – che noi abbiamo lasciato le foreste, per andare ad abitare vicino a Port Middlebay, dove sta ciò che noi chiamiamo una città.
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