La tasca di Peggotty è un po’ gonfia. Contiene nientemeno che il libro dei coccodrilli, ridotto in condizioni pietose, con parecchi fogli strappati e attaccati con uno spillo, ma che Peggotty mostra ai miei figli come una preziosa reliquia. È curiosissimo vedere il mio stesso viso di bambino levar gli occhi e guardarmi dalle storie dei coccodrilli, e ricordarmi la mia vecchia conoscenza, Brooks di Sheffield.
Fra i miei figliuoli, in queste belle giornate estive, veggo un vecchio che scioglie degli aquiloni giganteschi e li segue con l’occhio per aria con una gioia che non si può esprimere a parole. Egli mi saluta con entusiasmo, e bisbiglia con molti cenni e strizzatine d’occhio: «Trotwood, sarai contento di sapere che quando non avrò null’altro da fare finirò il memoriale, e che tua zia è la donna più straordinaria del mondo».
Chi è quella donna curva che si appoggia a una mazza e mi mostra un viso con tracce di antico orgoglio e antica bellezza, che lottano contro l’indebolimento progressivo delle sue facoltà intellettuali, querule e distratte? Ella è in un giardino; e accanto le sta una donna appassita, fosca e aguzza, con una bianca cicatrice sulle labbra. Sentiamo ciò che dicono.
– Rosa, ho dimenticato il nome di questo signore.
Rosa si china su di lei, e le dice: «Il signor Copperfield».
– Son contenta di vedervi, signore. Mi dispiace di vedervi vestito a lutto. Spero che il tempo saprà consolarvi.
La sua compagna la sgrida, le dice che io non sono vestito a lutto, le dice di guardar meglio, tenta di scuoterla.
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