La onde tu, che di cio ti sei dilettato molto; e ne sai ragionare abondevolmente; cosa grata mi farai hora, che niuno impedimento ti disturba, a favellarne con esso meco, dicendone quello, che ne sai: che nel vero te ne rimarrò obligato.
COR. Io cio farò molto volentieri: havendo non solamente agio, ma essendomi venuto questi dì alle mani un libricciolo tra molti, che ne ho altre volte di diversi letto, cosi antichi, come moderni, di M. Antonio Tilesio da lui latinamente scritto; il qual Tilesio fu huomo di belle lettere e di fin giudicio: e scrisse in questa materia assai acconciamente, valendomi di quanto cosi alla sfuggita potrò ricordarmi: che sia però, s'io non mi inganno, a bastanza. Il che farò, come ho detto, sommamente volentieri: non solo per gradire al tuo disiderio, come persona, ch'io ami molto: ma etiandio per il diletto; che io ne prendo, quante volte ne ragiono. E ne favellerò teco non, come dipintore, che cio appartenerebbe al Divin Titiano; ne meno la tua vaghezza è di apparare il componimento de' colori: ma, come si fa da uno; il cui studio è di lettere, e non di pittura.
MAR. Comincierai adunque: che pare, che'l tempo ce ne inviti; essendo hora la stagione della Primavera; nella quale la Natura spiega maggiormente le pompe de' suoi colori. E dirai primieramente quello, che sia colore.
COR. Incominciarò dalla diffinitione: perchioche malagevolmente si puo intender la qualità e conditione d'una cosa; se prima non si sa cio che ella è. I Pithagorici credettero il colore altro non esser, che superficie.
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