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      MAR. E, se fosse tiranno, che si guardasse di non incorrer nel fine di Cesare.
     
      COR. Non fu Tiranno Cesare; perche non fece cosa alcuna fuori, che in tener la Dittatura; la quale chi sa, che ancora non havesse lasciata? Et è da creder nel vero, che la natura non facesse mai huomo piu compiuto, perche fu letteratissimo, nelle cose della guerra pratico e valoroso piu, che altro fosse giamai. Magnanimo, liberale, e pietoso. Ma io scemo le sue lodi ragionando. Ecco, che come che il Petrarca fosse affettionatissimo a Scipione Africano: onde ne scrisse quel suo Poema latino, che fu da lui intitolato l'Africa: non di meno pose Cesare nel capitol della fama, cosi dicendo.
      Da man destra, ove gli occhi a pena porsi,
      La bella Donna havea Cesare e Scipio:
      Ma qual piu presso a gran pena m'accorsi.
      E rende la cagione:
      L'un di virtute, e non d'amor Mancipio,
      L'altro d'entrambi:
      E ne Trionfi:
      Quel, ch'in si signorile, e in si superbaVista vien prima; è Cesare, ch'in Egitto
      Cleopatra legò tra fiori e l'herba:
      Hor di lui si trionfa; & è ben dritto,
      Se vinse il mondo, & altri ha vinto lui,
      Che del suo vincitor si glori il vitto.
     
      MAR. Chi mandasse la imagine di Cicerone?
     
      COR. Manderebbe d'uno horatore perfetto: che certo tale fu Cicerone, & amatore ardentissimo della patria: ma fu ambitiosissimo, e vano; come quello, che ogni tratto fa mentione del suo Consolato. Oltre a ciò fu pusillanimo, come dimostrò in diverse cose. Ma fu si bel dicitore, che vinse tutti di purità di lingua, e di eleganza, fuor che Cesare istesso: i cui Commentari sono da lui infinitamente lodati.


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Dialogo dei colori
di Lodovico Dolce
1565 pagine 133

   





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