E così, arrivati al quinto òrdine, troviamo l'espressione della civiltà italiana, dinotata dalle sòlite otto colonne, le quali però, questa volta, pòrtano ciascuna una frasca d'alloro e la stella d'Italia coll'Àngiolo fulminatore che prenta (forse presenta) alla stella un trofèo di guerra e lo scudo di Savoja. Tutto il quale apparato di gloria sostiene il sesto òrdine (che, grazie a Dio, è l'ultimo) e dimostra il supremo Potere.
Ed ecco come questo Potere è filosoficamente inteso dal sig. Cànfora. Innalzata una colonna a quattro faccie, su ciascuna delle quali un orologio segna le ore fisse dell'entrata di Vittorio Emanuele nei quattro stati principali [12], egli impone su di essa un tamburo di guerra che sostiene, a sua volta, il globo da cui si eleva la figura geometrica (?) e la stella d'Italia.
E che cosa vuol dire questo specioso apparato? - si domanda il sig. Cànfora. - Vuol dire - risponde trionfalmente a sè stesso - che, col globo sostenuto dal tamburo, la società tutta per rispettare la legge, ha bisogno della forza, ma non già della forza brutale del fucile, sì bene di quella di apparato del tamburo. - Dopo il qual sforzo d'immaginativa, l'autore, a buon diritto, può dire di èssere soddisfatto di aver dato alla luce un'òpera che non sarà l'ùltima tra i tanti segnàcoli di gloria della casa Savoja.
A noi che poco c'intendiamo di architettura e meno di stregoneria, parrebbe che tutta questa montagna di fortezze, di archi, di òrdini, di colonne, di allegorìe, sopracavallate una sull'altra, dovesse, una volta costrutta, raggiùngere una altezza vertiginosa.
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I mattoidi
Al primo concorso pel monumento in Roma a Vittorio Emanuele II
di Carlo Dossi (alias Carlo Alberto Pisani Dossi)
Sommaruga Roma 1884
pagine 47 |
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