Quì lo sguardo di Alberto cade sulla coperta della "Vita Nuova". Corrèvagli sempre nell'incontrarla un trèmito di simpatìa; ora, non gli è possìbile oltrepassare, toglie il mignone libruccio di mezzo ai vicini, e s'aggruppando sul màrgine dell'armadietto base alla librerìa, i pie' sulla sedia, l'apre. Ecco Alberto entrare in quella spirìtica vita, dove òdonsi bizzarri suoni, balùginano strani chiarori, illuminelli di specchi e riflessi di àqua; èccolo dolcemente sorpreso da quella eròtica malinconìa sotto la quale l'adolescente Allighieri si coricava, angosciato, in làgrime "come un pargoletto battuto".
Imbruniva. La mestìssima ora cullava il crescicore dei due giòvani amici. Alberto tenea dietro con gli occhi umidamente appannati alle parole di Dante. Allorchè queste, insieme all'ùltimo lembo di luce, infievolìrono, i pensieri di Alberto, a poco a poco, loro si fùsero entro, poi continuàron da soli.
Fu la miràbile Beatrice, vera? e tutta vera? oppure Dante, dalla sua unicità condannato a non trovare altri, che, pari a lui, sentisse, se la plasmò o compì nell'alta fantasìa, poi illuso gioì e sofferse dell'ombra sua?... Ma, chèh! Dante a parte; quantùnque da ognuno si dica che Amore ci è, chi veramente il travide? In questa folla che passa, mai non cessando, e si traùrta come i pajoli, tingèndosi anche, i più, cioè il marame, crèdono amore, cose che ponno avere altri nomi; i gentilìssimi, e pochi, sospìrano inutilmente il loro secondo ed ùltimo tomo.
Quanto ad Alberto, nulla! Gli parea la vita, monòtona, stracca, come una strada postale alla Bassa.
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