Vedeva bene un nùvolo di giovanette, ma neppure una tirata su ad amare; tutte di matrimonio, o di altro; poi, stesse maniere, spìrito uguale, una medèsima aria di viso; di più, legate a questi cìnque palmi di terra da un nome, da una parentela, da un patrimonio. No, no Alberto non ne voleva; troppo dense, troppo reali.
Alberto avrebbe invece voluto una semidiàfana amante. A notte chiusa i convegni. Ella sarèbbegli apparsa vestita di abbagliante beltà, contornata da un filo nebuloso di luce. Fianco a fianco, entro il lume lunare, avrèbbero passeggiata la solitaria campagna, favellando de' cieli. Al rischiararsi di cui disciòltasi ella ne la ròsea nebbia Alberto, gonfio di amore, fiero di tanto segreto, sarebbe tornato nel sòlito.
Così, egli avrebbe voluto che la sua strana amorosa entrasse, mentre stava scrivendo, nello studietto, e lievemente gli sedesse di contra. Ed egli, alzando gli occhi, avrebbe incontrato quelli di lei... nuotanti nella passione. Pure, non si sarèbber nemmeno toccati, mai. Alberto credeva amore perfetto un fascio di desideri ardentìssimi, di cui si fuggisse l'adempimento. Scopo raggiunto, amore finito.
E anche adesso, in questa ora grigia nella quale sentiva la fatica del vìvere, ella pietosa dovea venire a lui; di dove, ben non sapeva, ma la dovea per quella porta dallato al franclìno... Epperchè no? che ci ha d'impossìbile? Forse, ella ne era già dietro; forse, posava la mano sulla maniglia...
E Alberto, inebriato dalle imàgini sue, riste', fiso alla porta, attendendo.
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Alberto Alberto Alberto
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