Inondava il raggio lunare la piana, come un dolce rimpròvero.
Mamma diceva con angoscia Arrighetta me l'hanno ucciso il mio Alberto...
Ma perchè interruppe donna Giacinta perchè tormentarti con queste nere imaginazioni? Un ufficiale di Stato Maggiore non è poi tanto in perìcolo...
Ah le palle vanno lontano! sospirò la giòvane moglie Alberto ha troppo oro sulla divisa
Si fece alla soglia un villano, di que' sgrossati a falcetto; spalle quadrate, viso da pipa.
Le donne lo interrogàron col guardo.
Allegri! esclamò il cavallante (notate ch'egli appariva di mezza in mezz'ora) I nemici sono picchiati a tutto picchiare. Corre voce, anzi è sicuro, che noi s'è preso un cento cannoni. Prigionieri, tremila!... morti, altrettanti... Viva il rè!
E dei nostri?
Duecento, padrona... Viva il rè!
Oh Alberto! disse rabbrividendo Arrighetta. Il cavallante uscì. Elle rimàsero silenziose, più strettamente abbracciate di prima.
Mia cara ripigliò donna Giacinta, accarezzando la nuora tu tremi. Fà a modo mio, riposa. Se verranno notizie, te le darò. Ricorda Alberto, ma non scordare Albertino.
Oh! mai mormorò Arrighetta, e levossi. Poi, col moto ondulante delle fèmine incinte, entrò nella stanza. Svestissi; mèglio, venne svestita.
Donna Giacinta stette alcun poco, fisa, presso di lei. Sentiva mano mano fuggirsi quell'ombra di fede, che avea tentato partire con la giòvane nuora. Scoraggita del tutto, cadde sull'inginocchiatojo, volse gli occhi ad un Cristo...
Il Cristo rimase ciliegia.
Verso quattr'ore si udì dalla strada, confusamente, un gran rumore di voci e di passi.
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