E altro degli antichi ricordi di Alberto č una figura di donna, senza-sguardo e sbattuta, cui lo si conduceva sovente. Essa pigliāvalo in grembo, accarezzava, baciava; spesso perō stringeva con tale grande passione sė da farlo strillare. Poi una volta ei si svegliō atterrito fra abbracci che lo strozzāvano quasi, baci furiosi, morsicature e graffiate; da quella volta non vide la pallidėssima donna che da lontano e rado, quando scendeva in giardino. Un giardino, notate, alla italiana, cioč, tutto geometrėa salvo il buon senso, a soli pini e mortella, perciō sempre verde, ma sempre di un verde senza speranza. Quanto ai viali... ghiaja; i fiori, portulāca ed ortiche... Giā, per fomento, non ci avea sotterra che frate.
E, nel giardino, il favorito luogo di Alberto era presso la casa, intorno a uno stagno, pretta purča di lenti. Per ore ed ore ivi egli stava seduto, giocando con le lumache, oppure fisando una finestra a ramata, giusto di sopra ad una cāmera sua e dell'ava. A quella si affacciava talvolta la pallidėssima donna, ed č di lā che dovea anche venire quel gemitėo che lo angustiava, la notte.
Inquantochč, o il mio Cletto, Alberto pigliava sonno a fatica. Bolliva sempre nel suo pėccol cervello qualche panzana della bambinaja... carrozze che ribaltāvano, ladri di sorrisi e di lāgrime, streghe, sgranocchiaputtini... Berto tenčvasi allora aggruppato sotto le coltri, spesso aggricchiando, con il respiro che gli moriva, ma non osando mčttere fuori il capo per non incontrare faccie fosforescenti e fumose, nč tampoco voltarsi, come impietrito a una schioppettata imminente.
| |
Alberto Alberto Cletto Alberto
|