A notti, ei non potea durarla; una, tra l'altre, sentèndosi orribilmente mancare la lena, si die' coraggio e arrischiò dalle lenzuola la testa, a centellini, come se succhiellasse una carta; fuori, sbarrò di colpo gli occhi...
Nulla! e si levò in mezza vita a rifiatar la paura.
Il raggio lunare, sfuggendo da male-unite imposte, attraversava ruscelletto splendente tra il letto di lui ed il lontano dell'ava, lo spazzo. L'ava dormiva tranquilla; i seggioloni, vuoti perfettamente.
Senonchè, il rammarichìo della stanza di sopra sembrava più lamentoso del consueto; un gèmito, di tempo in tempo, ruggito. Berto, Dio sa da chi spinto, salta abbasso dal letto e corre, i pie' nudi, sul pavimento di marmo; monta il gradino del finestrone, e, come gli scuri hanno i serragli giù, àprene uno.
In quella, schianto di legni e squillo di vetri all'esterno, dinanzi a lui, di là dell'imposta, passa cadendo un gran fagotto di roba; tosto, un tonfo entro àqua... e, accapricciando, egli sviene.
Quì, una malattìa. Berto non ne uscì fuori che per vestirsi di nero; non vestissi di nero se non per salire, insieme alla nonna, un vagone... vèr la città.
Col quale nuovo scenario comincia l'atto secondo della vita di lui. Alla città i suoi nervettini quietàronsi. E, invero, lì si trovàvano in un appartamento, che avrebbe potuto ballare in un salone a Montalto, e tappezzato e dipinto troppo di fresco per annidare fantasmi; di più, un appartamento, nel quale, da ogni qualùnque stanza, era possìbil di scrìvere la lista dei piatti fumanti nella cucina.
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Dio Montalto
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