È vero che la malattìa rivoluzionaria l'avea tanto quanto intaccata, ma che poteva allora sfuggire a tal malattìa? Era nell'aria. Infatti, i reverendi sequestràvano spesso ai loro scolari imàgini sediziose, libri guasta-cervelli, e allorchè poi, a castigare, mettèvan mano alla sferza, gli zuffettini pappagallàvano su certe ideone intorno alla dignità umana, e che so io! Mio fratello però, uno tra i pochi, non avea peranco rizzata la cresta; tanto è vero, che il padre reggitore la scuola, pel quale era sempre la terza posata sulla nostra tovaglia, affermava ogni dopo-pranzo a donna Francesca mia madre, che il suo Carlomagnino avrebbe, senza alcun fallo, inscritto nel calendario la famiglia Etelrèdi.
Senonchè, un giorno, il nostro futuro santuccio, tornato a casa da scuola... e quì, avverti... èrano le prime volte ch'egli tornava da solo, avendo tòcchi i venti anni...
Alberto: ne ho sette io, e vado attorno senza nessuno, io.
La nonna: oggi s'è messo il vapore, si nasce con un sìgaro in bocca; allora, si maturava più tardi...
... dùnque, tornato mio fratello da scuola, e, come l'etichetta ponea, recàtosi a baciare la mano alla contessa mammina, parve straordinariamente rosso.
Che avete? ella chiese con il suo sòlito imperio.
Niente egli rispose turbato.
Eppure osservò mia madre siete di un tal colore sì acceso... Sembrate un villano!
Io? disse il contino ancora più arrossando.
Mia madre, che stava seduta, cominciò a tripillare per l'impazienza un ginocchio, e a dire: so cosa avete
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Francesca Carlomagnino Etelrèdi
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