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      Il ragazzone, còlto dalla paura, non alzava nemmeno lo sguardo; si limitava a fregarsi con le due palme le guancie.
      O dove il metteste? dimandò imperiosa mia madre.
      Il poveretto aguzzò le labbra quasi a impetrare pietà: l'ho in tasca disse con un filo di voce.
      Quà ordinò la contessa; e, come don Carlomagno traeva timidamente fuori il codino, ella glielo strappò dalle mani e gliel misurò sulla faccia.
      Ora conchiuse o creatura ingratìssima, andate! e Pietro vi serri nel camerino. Vi resterete ad àqua, pane e formaggio... no, non meritate il formaggio... a solo pane e àqua quìndici giorni. Obbedite!
      Quel pampalugo di un mio fratello, se non più rosso e confuso, ben altro gonfio che non all'entrare, uscì. Ch'egli ubbidisse, è certo: era abituato.
      Quanto a mia madre, piangendo rabbia e dolore, serrò sotto chiave il codino. E lo tirava poi oltre per castigar Carlomagno.
     
      Ti piace?
      Alberto: sì... ma nàrrane un'altra... seria
      La nonna: incontentàbile!
      Oh ne sai tante, tu!
      Bene, alla seria!
     
      ISOLINA
     
      Ti ho detto che mi avèano messa in un collegio di Francia; aggiungo ch'ei si trovava in una mezza città di provincia, Chateau-Mauvèrt. Là, mentr'io toccava i nove anni, corrèvano i giorni i più vermigli della Rivoluzione. La tolle faceva la testa senza riposo. Giorni, ricorda bene, nei quali per ottener l'eguaglianza si calpestava la fraternità, e, proclamando i diritti dell'uomo, legàvasi il volume riformatore in pelle umana.
      Il nostro collegio s'era fatto deserto. Non vi restàvano che quelle poche, le quali non avèan potuto fuggire, cioè sei o sette bambine del tempo mio e una ragazza intorno ai diciotto, che noi chiamavamo la grande.


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Vita di Alberto Pisani
di Carlo Dossi
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