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      Fòssero anche stati i più malvagi del mondo, che ci può ella mai? e la Repùblica nostra, gloriosa, come mai può temere una ragazza, tìmida, senza parenti nè amici, pòvera...
      Pòvera? ghignò il commissario Con quella miseria alle dita? e accennò a tre o quattro anelli di lei, ùnica fortuna sua che or le tornava in disgrazia Intanto ciò vèr gli straccioni alle terga noi, pòpolo, crepiamo di fame!... Cittadina Beaumont! guarda col tuo parlare anticìvico di non obbligarmi a ritornare da te... guàrdati bene!
      E lì il birbone venne alla giovinetta:
      Isolina La Roche disse ti arresto! e allungò la mano su lei.
      Largo! voi puzzate di vino disse arretrando la tosa.
      Aristocràta! vociò il canagliume.
      Così, ne fu condotta via un'amica: ed allorquando suora Clotilde, uscita dietro Isolina, rincasò verso l'Ave-Maria, a noi che chiedevamo: e dùnque? venne solo risposto: pregate
      S'andava chiudendo la sera. Prima di coricarci, noi usavamo entrare in una stanza dedicata al Signore. Peraltro, non vi si vedea nessunìssimo segno della nostra salute. A mezzo allora di gente, la quale imponeva la libertà del pensiero, tai segni, o per paura o pudore, si nascondèvano. Noi li portavamo nel cuore.
      E l'oratorio dava sur una viuzza perduta. Quando splendeva la luna, non vi si accendèvano lumi. Quella sera, splendeva la luna.
      Le suore s'inginocchiàrono senza dire parola; intorno di esse, noi; e pregammo.
      Gemea la calma notturna. Per chi pregavamo, tu sai.
      Ma, a un tratto, suono di vetri spezzati; e, a terra, il tonfo di cosa morta.


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Vita di Alberto Pisani
di Carlo Dossi
pagine 177

   





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