E un grido: vive la république!
Balzammo in pie' sbigottite... Dio! Sul pavimento giaceva tagliata una mano, bianca, ornata ancora di anella...
Basta! quì esclamava Albertino, serràndosi all'ava. E rimanea pensoso il resto della giornata. A notte, sognava e mani e mani spiccate, sotto il chiaro di luna, che gocciolàvano sàngue, fine, bianchìssime, inanellate di topazi e smeraldi.
Capitolo secondo
Alberto, a furia di bèvere su, e dagli orecchi e dagli occhi, storie d'ogni gènere musicorum, pensò che ne poteva mettere insieme egli pure. E cominciò a misurare dei versi; sòlito cominciamento; foggia di esprìmersi la men naturale di tutti, e però la più fàcile.
Ma il caso ora antivenne al volere. Poco sotto al dì natalizio di donna Giacinta, Alberto stava sudando una di quelle lèttere d'augurio, che si ricòpiano poi in carta da torta, e appunto avea già combinato:
Mia cara nonna Essendo...
allorchè, giusto dopo l'essendo, cadde una gotta d'inchiostro. Ciò che una gotta d'inchiostro può fare, non è prevedìbile; quì, fece un poeta.
Ròttosi, per l'accidente, il filo alle idee dello scrittore, e sì che era un filo da pozzo! Alberto, a riappiccarlo rivolse l'occhio allo scritto. Mia cara nonna essendo... Mia cara nonna essendo... dàgli e ridàgli, udì come un suono in cadenza, come un verso. E se proprio? Alberto se ne commosse. Credeva il far versi cosa arcidìffìcile, un quid-sìmile all'ingoiare coltelli, stoppa-accesa e turàccioli, abituale pasto de' bossolottaj. Nulladimeno contò sulle dita.
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Albertino Giacinta Alberto Essendo
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