Nè censurò che un manco di classicismo (notiamo che il prete spolverizzava mitologìa anche sopra i sonetti da chiesa) "ma il classicismo" aggiunse fiutando verso di Alberto "sento io, è in viaggio". Intanto, amichevolmente si offriva a fornir la pestata di Giove, Giunone, e compagni.
Dopo, i due fratelli in Apollo tènner consulta circa il come produrre a donna Giacinta la ode. Consegnàrgliela? No, era troppo alla buona: ai versi, via l'importanza, che resta?... Lèggergliela? Bene; non peraltro, benìssimo. Lì ci volea la cosìdetta sorpresa.
Oh santolina! sclamò il reverendo trovato!
Cosa? dimandò Alberto.
Ma osservò il reverendo, accarezzàndosi il mento or che ci penso! mi abbisognerebbe una tal quale idea del pranzo di gala...
Perchè?
Perchè fe' il prete misteriosamente se ci fosse un pasticcio... Giove Barbetta! e finì con un'espressiva mìmica.
Alberto approvò a più riprese.
Per il pasticcio, stia certa... Ne parlerò io al cuoco.
E guarda raccomandò il reverendo ch'esso sia di Stràsburg. È la forma indicata. Un'altra sminuirebbe l'effetto...
Stia certa
Lasciàronsi in questa intesa.
E Alberto riuscì a far porre nella minuta il pasticcio, e nel pasticcio la poesìa. Giunto il dì natalizio, venuta l'ora tòpica, don Romualdo eseguì il taglio solenne, e:
Ooh!
Cosa c'è? chièsero i commensali.
Non so bene; sembra una carta rispose don Romualdo, guardando con un fare d'Indiano entro il pasticcio anzi! è (quì la estrasse e spiegolla) Un'ode! per la cara mia nonna... Santìssimi lanternari! di Alberto! proprio?
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