Nulladimeno, Alberto non ne potè ammazzare che due; affilava lo scannatojo pel terzo, quando incontrò Leopardi. E Leopardi gli fe' buttare il coturno nelle ciabatte. Giù allora canzoni che puzzàvano il fràcido, giù sonetti sbattuti in chiaro di luna... Quìndici giorni dopo, Leopardi non più! il nostro poeta, in Vittorelliato e in Frugoniato da capo a piedi, sdrajàvasi arcadicamente in un paesaggio da parafoco, tra pastorelle alla Pompadour, agnellini dal nastro rosso, zefiretti soavi, ed altra roba minuta in elli, in ini ed in etti, cantando poesiuccie così gentili e verdi "da mèttere voglia di un'insalata indivia con chiappe".
E un dì, o piuttosto una sera, mentre giocava con nonna, don Romualdo, e una serva alla tòmbola, lesse i seguenti due versi su di una cartella:
Poeta senza amore,
giardino senza fiore.
Ne impensierì. Era egli poeta?
Altro! e perde' la quaderna.
Amava?
No e fallì la cinquina.
Dùnque, gli bisognava cercare.
Chè, nel capìtolo amore, non si potèvano porre le simpatìe da bimbo; una, ad esempio, per la maestra di àbaco e di abicì, che nonna, piantando casa in città, gli avea affibbiato. Pina Racheli era sui trenta, nè bella; faccia patita, tarmata, con due lagrimuccie perenni, da formaggio di grana. Tuttavìa, come accarezzante il suo sguardo! e quale naso... dolce! Oltredichè, teneva sempre in saccoccia o manuscristi o màndorle spaccherelle o alla perlina. Amore, giusta l'Alberto d'allora, volea dir matrimonio; e matrimonio, giocare agli sposi. Dicea dùnque alla Pina, che, fatto grande, egli l'avrebbe sposata.
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