Ma lei, o ingratìssima Pina! non aspettò. Un giorno fece tenere, in suo luogo, ad Alberto un cartoccione di dolci. E lui? Lui sel spazzò di gran gusto.
Così, altra di sìmili fiamme, fiamme beninteso dipinte, gli era stata una cuoca; la Giulia. Al primo servire, cotesta tosa parea più stagna di un materasso da campo. O che? A poco a poco, innanzi ai fornelli di casa Pisani, le die' come in fuori la umidità; oggi le si gonfiava una guancia; dimani, l'altra; dopo-dimani, un orecchio, poi una mano, poi un occhio... E donna Giacinta la compassionava! Infine, la maligna flussione prese la Giulia più a basso. Allora, donna Giacinta crede' conveniente di salutàrmela tanto; e Alberto perdette colei che vestiva, sì premurosa e sì bene, le marionette.
Ma questi due, ripeto, ed altri della stessa portata, se anche amori, non èrano di quel tale baràttolo or sospirato da Alberto. Dimando io! come mai un poeta che la pigliava sul serio, poteva, per dolce obietto, avere o una pilatella di cuoca che sbuzzava pollastri, o una maestra di prima, tanto paziente da far scappar la pazienza?
To... to... tòmbola! quì eruppe don Romualdo approfittando delle altrui distrazioni.
E, dal mattino seguente, Alberto si diede ancora a cercare.
Già molte volte egli avea ceduto la dritta sui marciapiedi al capitano Balotta e alla signorina sua figlia. Nel primo gli era sempre parso vedere un rispettàbile pensionato in là bene negli anni (e ciò a dispetto di un parrucchino rossastro) ma di legname stagionatìssimo; nell'altra una sottile pivella quattordicenne, dal pellùcido viso (quasi di madreperla, a due macchiuccie leggermente carmine) ed una buona massaja che orlava i moccichini di babbo, ne mendava le calze, non pensava che a babbo.
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