Giuro mai non alzar vecchio caduto;
Giuro restarmi mutoA chi mi chiederà pane o pietanza;
Giuro non piànger maiSu vergin morta o spezzata fidanza:
Se manco, o Sol! per me avvelena i rai.
Ma, a gran fortuna, tai giuramenti rimati si mantèngono rado. Neppure un mese dalla canzone di Alberto, uno strato di terra, alto a dir poco due metri, avea coperto la sopradetta sua pòmice; e il sole, generosìssimo babbo, lungi dall'adontàrsene, era lì ancor pronto a covargli e le carote e i fagioli.
Camilla di-Negro fu la nuova sua stella; una tosa che usciva allor di collegio, figlia a una vèdova dama, amica di donna Giacinta. Camilla, la quale compiva i diciotto, era un bel pezzo di Marcantonio, bionda, a pieni colori, soda e fresca come la dea Salute. Per vero, non sembrava la bella conveniente a una musa sempre coi lucciconi come quella di Alberto; il viso di lei era un libro, non solo sbarrato, ma un libro in cui si scorgèvano i conti della cucina; tuttavìa, Camilla ascoltava con molto piacere le poesìe di Alberto (il che gli è giulebbe a un poeta) e dimandàvagli continuamente libri in impresto.
Bene, una sera, il nostro carìssimo amico, da solo a solo con nonna, leggeva come di consueto alla vecchia un non so quale romanzo.
A un tratto si ferma.
Cos'hai? fà donna Giacinta. E infatti quella fermata era fuori di tempo; nè lei avea da calcolare i punti della calzetta; nè lui, starnutare.
Alberto si peritò a rispòndere.
Nonna poi disse con una voce sottàqua amo...
Hai fame? chiese donna Giacinta, spesso, come la più parte dei vecchi, maliziosamente sorda.
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