Andava a pigliare il cannocchiale e il sopràbito. Àqua! che slancio. Ma pensò, prima, di lavarsi la faccia: tòltosi e la giubba e il panciotto, si trovò la camicia non fresca. Fuori dùnque i cassetti! questa quì, no; quella là, neanche; scèlsene finalmente una battista a lattuga. La quale nuova camicia chiamò un altro panciotto, come il panciotto gli fe' mutar, ben'inteso, e i calzoni e la giubba. Ma intanto le sue lunàtiche idee scioglièvansi, sì che, allo scricchiare di due stivaletti lucenti, non èrano più.
Cari miei, altro che lìbero arbitrio! molte volte si pensa come vuole il nostro àbito. Esempio, me. Quando sono a Milano, in cilindro, in marsina, guantato, con un sentore di muschio, leggo "la Perseveranza" fumo cigaretti di carta ed esclamo "sapristi!" Mi vedeste invece a Pavìa, oh mi vedeste quando fò lo studente... con tanto di cappellaccio e mantello! Allora, pipo, giuro "per Cristo e Marìa!" dò del tu a chiùnque, e grido "viva Mazzini! e Garibaldi! e il suo inno!"
Torniamo ad Alberto. Èccolo a quattro spilli, vestito come un figuro da moda e spiritoso del pari. Dà un'altra occhiata allo specchio. Stavolta, la luce, tenendo il lume Paolino, venìvagli dal sopra in giù, parea ingrassarlo... N'è? non si poteva dir brutto, anzi!
E di una signorile andatura mò perchè ridi, mio Cletto? signorile, dico, e ci ho le mie brave ragioni. Chèh! non è forse il camminare in un pezzo, ingommato, ed il parlare stroppiatamente, molto più da signore che non l'andare via lisci, come ci taglia il passo e la parola natura? non vuoi tu che il signore, in qualche cosa oltre ai panni, possa venire distinto dal poverame?
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