Piàcciavi o no, sentimentali lettrici, stòmaco e cuore sono vicini di casa.
E quì verrèbbemi il taglio per un sermone circa le gioje morali, le ùniche vere, che la ricchezza potrebbe apportare. Apporta anche fastidi, non dico di no; ma, come scrisse un milanese brav'uomo "ogni qualùnque cosa ha due mànichi" nè, ora, sarebbe il caso da mètter mano al sinistro. Intorno al quale, parlerò poi a lungo, a consolazione degli spiantati, lor dimostrando anzitutto, che se i nudi-a-quattrini vòlgono in capo i più generosi e i più bizzarri progetti, i ricchi, per contrappeso, hanno i denari, solo.
Pur tuttavìa si danno eccezioni: èccone una:
Alcuni giorni, dopochè Sàlis fu segnalato alla tosa da quel gogò di cugino, un servitore di lei ne scopriva la casa ed entrava in un desolato stambugio, dove, neanche il sole, universale parente, si era mai arrischiato. E il servitore offriva a Guido un viglietto, con tali parole:
Da parte della signorina Bareggi
Sàlis lo pigliò con tremore.
Accomodàtevi! fece al domèstico.
Questi, guardàtosi attorno, dovette stàrsene in piedi.
Quanto al viglietto, diceva:
Signore;
desiderosa da un pezzo d'imparare il disegno, ora, mi sono risolta. Voi ne siete maestro, e, mi si disse, egregio. Vorreste insegnàrmelo? Se sì, vi aspetto: tardi è meglio che mai; presto è ancor meglio che tardi.
Il giòvane non si moveva.
Ha una risposta? azzardò il servitore.
Guido si scosse, e corse alla tàvola (tàvola e letto era la sua sola mobilia). Ma, a che? di carta, non si vedeva se non se un brano d'invoglia, già di salame; quant'è al calamajo, l'inchiostro era sì secco che la ruginosa penna di acciajo rùppesi tosto.
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Sàlis Guido Bareggi
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