Ecco! la diligenza si arresta. Generale risveglio nell'òmnibus; vi si scuòton le membra intorpidite da uno scòmodo sonno; si danno i diti negli occhi; si ritròvan le gambe: qualcuno, lo storcicollo; altri, il naso stoppato. E un uomo, di barba nera, smorto e accigliato, apparso, di là dei vetri, al coupè, àprene lo sportello mormorando parole, che Alberto non riesce a far sue, alla giòvane. La quale smonta...
Lontan lontano, in una selva di quercie, tetti acuti e torri...
Olà! op op! fà il vetturino di nuovo, riprovando la voce inumidita ad un fiasco. E il carrozzone ripiglia la pesante sua corsa, mentre l'amico nostro mira con amarezza l'abbandonato canto. Ella, per lui, non è più. Quale sorte attendèvala?
Ma a terra è un brano di lèttera che gli potrebbe rispòndere.
Alberto il raccoglie, e... Scusa, lettore mio! Egli lo straccia a minutìssimi pezzi.
E fu sulle cìnque del pomeriggio che Alberto giunse a Silvano. Era Silvano un gruppo di case, che si serràvano l'una contro dell'altra come conigli barbellanti pel freddo; un campanile puntuto, nel mezzo; innanzi, un lago; alle spalle, un'erta montagna. E giustamente ei si fermò all'osterìa "Il cannone" cannone di latte-mero, intendete, chè la Pace ivi facea da ostessa; poi, così netta da non parere italiana.
Sulla porta di cui, Paolino, tra i servitori il più dolce di sàngue e di piedi, attendeva. Egli, di alcuni giorni, avea con i bauli preceduto il padrone a scègliergli una cameretta.
In fede mia! ben scelto.
Ragione prima; nella cameretta fluìvano l'aria e la luce a torrenti.
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