Non si cercava di lor contrastare, chè se la mobilia era di sèmplice abete, e i muri imbiancati e non più, non vi s'avea a porre nell'ombra nè cìnque-dita, nè macchie di umidità e di fumo. Tutto sembrava appena piallato e dipinto. Coscienza sporca non vi avrebbe potuto abitare.
Ragione seconda; si allargava la stanza sopra la via con un terrazzino. Da questo, lo sguardo, passata un'allèa a robinie e un murello, frisava il lìmpido specchio del lago, e finiva a sciugarsi nel verde della montagna di faccia. L'occhio, oh quanti sentieri scopriva! il cuore, quante avventure!
Il che, tutto insieme, spronava già l'appetito. E state certi che a pranzo, Alberto, non comandò, quella sera, le mezze porzioni nè lasciò molto pel gatto. Inoltre, vi era un certo vinetto, sì allegro, frizzante! Dàgliene un sorso, dàgliene il secondo, egli e Paolino svenàrono un tre bottiglie. La pupilla di Alberto brillava; sfido voi, attraverso un bicchiere schiettamente rosso, a non iscòrgere il mondo in flòrida cera!
Poi; come tornògli buono anche il letto! Spento il lume, ecco la luna. E nel gustare il freddiccio delle lenzuola ed aspirando l'odor di lavanda e intravedendo già il sonno, da lungi, forse dal lago, gli arriva un melancònico canto, di quelli che vanno al cuore diritto, perchè ne sanno il cammino. Il canto compì la soave emozione di Alberto: ei cadde in un amore tale per tutto, che gli gocciàron le làgrime; avrebbe allora baciato il suo più grande nemico; nè sono fandonie, chè, una delle poche volte in sua vita, sentissi in buona con sè.
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Alberto Paolino Alberto Alberto
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