E dormì sì serrato, lui il quale la notte pativa la svegliaròla, da non destarsi, il dì dopo, se non se quando il sole si procurò egli stesso la pena di tirargli le orecchie. Dieci ore! Imaginate la confusione di Alberto! Un bel principio, per mìo! Vestissi di furia; poi, carta in tàvola, penna in bocca...
Voglia, non ne mancava.
Ma, tò! dal di fuori, un maledetto rumore, un rombo. Alberto instizzì. Perchè? Il rumore era quello di un torno, uno solo; non desiderava mò egli tutta una casa dal fervente lavoro? Comùnque, si die' a passeggiare in lungo e in largo la stanza, sbuffando; il rombo continuava: siedette, si turò con le mani le orecchie, le distoppò; ancora!
Al diàvolo il torno! Cacciato nel cassettino, uno sull'altro, libri e quaderni, scese ed uscì nella strada a vedere... indovinate un po' che? a vedere cosa il mondo pensasse di quell'irritante rumore.
Il mondo non ci pensava un bel niente. Paolino, ad esempio, seduto sur il murello che rispondeva al laghetto, le gambe in fuori, pescava alla canna; mentre, sullo stesso murello, un bracco, fiso alla lenza, accennava col muso ogniqualvolta un pesce abboccava.
Alberto gemette di rabbia.
Va a fare i bauli disse improvvisamente.
Riuscì, la novella, grata soltanto ai pesci. Paolino fe' un gesto di malumore; il bracco baubò ad Alberto.
Capitolo nono
Ma, fatti i bauli, Alberto ancor non sapeva dove inviarli. Quanto a partir da Silvano, di ciò nessun dubbio. Ei s'era già compromesso con Paolino, e non voleva a fronte di lui, essèndo un pochetto, passare per matto.
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Alberto Alberto Alberto Silvano Paolino
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