Scusate se è poco! saltò su a dire Paolino, aprendo un armadio Aqua! che compagnìa brusca d'ampolle, di scatolini, caraffe... E che razza di nomi! Tedesco pretto di Vienna!
E Alberto leggendo:
Sexta-essentia... Anima Solis... Cedrorum Lybani essentia... Macrobiòtica Pulvis... Sancti Germani the... Sal secretìssimus... Eh? capisci, Paolino?
Poco.
È già troppo quel poco e continuando: Pulvis procreationis... Coeli tintura... Caliostri elixir... Mundi spìritus universus... Lapis Philosophorum... Nèctar... Potàbile aurum... Risolvente flogìstico... Gioventù eterna... Sanatodos...
Chissà! se ne potrebbe anche trovare... interruppe la vecchia con un barlume nel viso di cupidigia e di speme.
Il cielo ne guardi! fe' Alberto E a scanso che se ne possa aggiunse tu, Paolino, butterai via tutta 'sta roba. Ma...
Il ma gli correva alle labbra nello scoprire, fra quelle quintessenze di vita, una terzetta a due colpi, càrica.
Ma riprese eccettuando cotesta E se la mise in saccoccia.
Più non restava da visitare se non la càmera a letto del mago. Vi s'accedeva per la cucina... scusate! volevo dire laboratorio; ed il pennello di luce, che insieme alla portinaja e ai nostri due amici vi entrò, ivi loro dipinse una catasta di mòbili.
Alberto cammina dritto a disbarrare le imposte.
Sotto, ecco un'ortaglia; al disopra, odi rugugliare i piccioni. E, nell'ortaglia, non un segno di andari, ma un guazzabuglio di piante; poi, una cinta; al di là, praterìa. Di cui, seguendo una scriminatura, la quale giusto si parte dalla casina del mago, incòntrasi un'altra cinta, quella del cimitero: ancora al di là, pòpolo fitto di spade appuntate nel suolo.
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