Oh quanta accolta di grossolane bugìe! oh quale di lagrimose espressioni, cêrche sui dizionari di carta, fredde siccome il marmo che le sopporta!
E tu non leggi! osserva il mio amico.
Bravo! ma e gli occhi? Non una pietra, che col suo sèmplice aspetto ti stilli in cuore mestizia; se alcuna, come capirla in mezzo a sìmile chiostra, a sìmile bric-à-brac di roba gettata? In tutte, gretterìa e sparata; dolore alla greca, all'etrusca; dolore latino, egiziano, ma che non va oltre la veste; mobilia di sasso... letti e scaffali, comodini ed armadi... ma sepolcri, no.
Ci ha poi un giorno nell'anno in cui affòllano i cimiteri. Il taccuìno segna al due novembre tal giorno, e, a dirla schietta, ne è l'usanza utilìssima; volentieri si piange quando si può èssere visti, e il pianto fà sì carine le donne! le vèdove principalmente, che con le palme alla faccia, ma le dita allargate, dal tùmulo del loro primo adòcchiano in giro per l'altro.
Nel resto invece dell'anno, vìsite rade. Chi veramente ebbe il cuore trafitto, va a visitare lui che il lasciò, portato; gli altri, se ricchi, sono in facende già troppo con le modiste e i notai; pòveri, han breve agio di andarvi, e alcuna volta, anzi, di piangere: le làgrime della sartina non potrèbbero forse sciupare una veste da ballo? Dùnque, nel rimanente dell'anno, scarsi i visitatori; tra essi, qualche fà-niente che vi gironza e legge, sgusciando e mangiando arrostite, le pietre, come se ditte; o compagnìe di brilli, che, fèrma la pincionella alla soglia, fan la mattata di entrare; o scolarucci, i quali, marinata la scuola, gìrano a rintracciare sulle etichette dei morti gli errori d'ortografìa.
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