Enrico sentissi la bragia sul viso; pure, si limitò di arricciarsi i mostacchi; e con le belle belline difese la càusa sua e di ogni cuore gentile; toccò dell'immenso amore per lei, amore che pareggiava sol quello della ragazza per lui...
Al che, il signor Pietro sbuffava e barbugliava tra le gengive: oh! mèttere in succhio una tosa... scusate se è poco!... già; al taglio come le angurie... chiòh eh!
Poi, Enrico lasciò il tema su amore e parlò numerario; disse, ch'ei non si chiamava Giorgini; sì bene San-Giorgio, dei San-Giorgio di Ponte (che volea dir milionari) per cui, egli ed Aurora, avrèbbero circondato il lor babbo di tutti gli agi possìbili.
La quale ùltima corda non sonò male al papà.
Insomma finì il giovanotto, pigliando a colui, con preghiera e speranza, una mano ella può fare la felicità di noi due
Bene; questo argomento chi non vuol crèder non creda ruinò tutta la càusa. Il falso-egoismo susurrò tosto all'infermo, che, là òve due si àman da vero, un terzo è di troppo; ch'ei sembrerebbe una pezzuola-cotone, a villani colori, sudicia, in un cassettino di fazzoletti-battista, a ricami, bianchìssimi, profumati; poi, susurrò ch'egli trarrebbe la vita in un palazzo sì, ma non suo, in mezzo a tappeti, a tappezzerìe di stoffa, a mobiglia intarsiata, ma di altri... e d'altri anche la figlia! e, tra una folla di servi, servo; in conclusione, ch'egli vivrebbe splendidamente di carità, senza il diritto ad un lagno. E Aurora intanto ed Enrico, a divertirsi, a gioire!... gaudiumque cæli pæna pænarum damnatis.
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