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      Rispose dùnque di netto:
      No
      No? Enrico era di sùbita ira. Abbiate pazienza! c'è il vino spumante e c'è il muto. Enrico, alzàtosi impetuoso, rifilò sur il tàvolo un pugno, tale, che lo isfondò, gridando:
      Cattivissìssimo uomo!
      Il signor Pietro, lui e la sua poltrona, ruzzolò fino in fondo alla stanza, pàllido, come se l'omèrica botta avèsselo contracolpito.
      Fuori!... via!... gridava; ed Enrico, ispaventato dallo spavento del vecchio, pigliò a precipizio la porta.
      Ma, a mezza scala, diede nella fanciulla.
      Aurora! esclamò, baciàndola in viso io ti chiesi a tuo padre. Egli... mi ti ha negata!... Lo spaventai... perdona e in quattro frasi la fece cônta di tutto.
      Ed essa? Essa pure baciollo... basta? sì ch'egli uscì che lanciava scintille.
     
      VII.
      Ultimi spruzzi di cattiveria
     
      Appunto in quell'infàusto giorno, il signor Pietro ebbe il secondo colpetto. Egli rimase due dì senza potere spiccicare parola, i denti serrati tanto, che a pena gli si riuscì a introdurre qualche cucchiajo di roba. Nè il terzo colpetto si sarebbe fatto aspettare s'egli avesse saputo, che Enrico in persona era corso dal mèdico e dal farmacista, e che ora stava presso di lui, trepidando, in attesa di nuovamente servirlo.
      E il signor Pietro non rimise un pie' nella vita (quasi a rincorsa alla morte) se non a proròmpere ingiurie contro alla figlia ed all'amato di lei. Parea che non trovàssene mai di bastante. Sì ne disse di quelle, che il mèdico confessò ad Enrico ch'egli sentiva più voglia di mandarlo dal babbo che non di serbarlo alla figlia.


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Vita di Alberto Pisani
di Carlo Dossi
pagine 177

   





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