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      Ed ella si morse a sàngue le labbra; poi, tramortita, cadde.
     
      VII.
     
      Da quella sera, i due giòvani èbber paura l'uno dell'altro. Leopoldo cominciò a star lungi da casa le settimane, or cavalcando alla pazza, allorchè lo pigliava una fumana furiosa, or lungo disteso su 'n prato, quando la spossatezza vincea l'esaltamento: Ines, gittàtasi per indisposta, più non usciva di càmera.
      Ma sìmil vita non poteva durare.
      Un dì, corse voce che il conte Angiolieri, in caffè, avea dato in fuora contro al Folperti e gli avea minacciato uno schiaffo; e ciascuno si chiese "epperchè?"
      Ma, in quel dì stesso, Leopoldo camminò risoluto verso l'appartamento della sorella e ne aperse la porta.
      Ines era a scrittojo; dinanzi a lei, carta bianca; e si posava d'un'aria stracca, abbattuta, su di una mano, tenendo con l'altra la penna. Cercava forse pensieri e ne trovava sol uno. Senonchè, al cricchiare dell'uscio si volse, vide il fratello, e il fisò. Parèano gli occhi di lei "due desìri di lagrimare".
      Il contegno di Leopoldo era freddo, severo.
      Sorella cominciò egli, sottolineando tal nome io stò per dir cosa che è capitale a te... e a me. Dà retta. Ci ha... un quidam... giòvane, bello... ma ciò poco importa... il quale ti chiede per moglie... e questo è quello che conta
      Ines si alzò, e nettamente disse: io non mi marito.
      Tu ti mariterai ribattè Leopoldo con una voce decisa Io ti ho promessa di già. È affare finito.
      Affare! sospirò la fanciulla.
      E che altro sarebbe? dimandò Leopoldo Tu, ti ma-ri-te-rai
      Ines ricadde, con le mani alla faccia, seduta.


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Vita di Alberto Pisani
di Carlo Dossi
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