E Alberto, zitto zitto, siedette, ed in mancanza di meglio, ancor dubitando a chiamare, cominciò a far fuori il salame col burro, poi il burro col pane, eppoi il pane col cacio; poi, si guardò all'ingiro e soppesò la forchetta.
Ma ecco entrare Paolino.
Bravo signore! egli esclama quando la fame non viene, bisogna andare a trovarla... La vuole prima la zuppa?
Alberto arrossì. Chè si sentiva umiliato appetto al suo servo. Foss'ei divenuto un omone, degno "di stàtua e duomo", sarebbe sempre rimasto, in sua casa, un omino. Orbe'? (noto io) è la sorte comune. Anche il Magno Alessandro non passò certo per Dio in cuor di colui che gli vuotava il... Pardon!
Fatta dùnque la pace e col suo libro e col ventre, Alberto avea a dormir quella notte da senatore svegliato. Ma, no. Gli cominciò a frullare il pensiero, che forse gli occhi di Claudia avrèbbero corso le pàgine sue... ed ei la vedeva tremare, arrossire, le ànime loro intrecciate.
Tutto stava che il libro le giungesse tra mani; e il dubbio lo impermalì. Certo, egli avea scritto al librajo, che ne mandasse anche a Nizza, soggiorno di lei; e certo, quella gentile, dovea amar la lettura; senonchè, il libro avea paesana etichetta. In quanto al fàrgliene omaggio, nè ci stava, nè osava.
Che la sorte provveda! esclamò. E si volse a pensare a chi poteva donarne. Scarta Giovanni, scarta Giuseppe; quello, perchè non leggeva mai niente; questo, perchè non capiva mai nulla; via di quà, via di là... non gli arrivò di smaltire che una solìssima copia la sua.
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