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      Là poi, era madama la sarta, che già pativa di nasettina; pochi parenti di lei, sfarzosamente abbigliati, ma umilmente in disparte; niuno dell'Andalò; ma, in cambio, molta amicaglia con un far da padrone...
      tutta crème della haute... "tutti della portata del nostro caro marchese" mi disse all'orecchio, gongolando di gioja, il papà. "Ahi!" io risposi, accennando ad un callo.
      Non si vedea che broncio; neppur uno adulava, non si scoccàvan bisticci. Essì! vi èrano dei giornalisti e dei preti. La folla istessa addoppiava il silenzio, rendèndolo positivo. E financo il Tirazza, che fà ridere sempre, come si pose a stonare, accrebbe il musone.
      Allora il mio sarto, per dimojare le bocche, per sentirsi a incensare, distappò lo Champagne, dimenticando che, il suo, gli era un troppo schietto Champagne per mentire. Quasi col vino, ecco lo sposo. Era più brutto del sòlito; non gli mancàvan che i corni...
      Verranno fe' Alberto con persuasione.
      Dio voglia! ribadì Enrico E dopo, siam scarrozzati e al municipio e alla chiesa. La giovinetta mormorò un pajo di sì, che a mètterli insieme facèvano il no più no della terra. Nè ho mai visto, ti giuro, a niun sposalizio tante pezzuole sugli occhi, quante a quel lì! Pareva un mortorio.
      Fuori, intanto, aspettava il calesso del sòcero con su dipinto il tarocco del gènero. Vi s'allogàrono il babbo, la mamma, e la sposa. Andalò, venne con me nel mio brougham; gli altri, in altre carrozze. E così:
     
      Et violon, zon, zon!
      Zon! flûte et basse
     
     
      accompagnammo alla stazione gli sposi, e... notte felice!


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Vita di Alberto Pisani
di Carlo Dossi
pagine 177

   





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