Nell'àere fosco si disegnàvano, intanto, delle persone. Ciascuna forse veniva, imaginando appostare, prima dell'altre, l'attenzione di Dio, il sordomuto eterno. E glisciàvano zitte nei banchi, e s'appoggiàvano ai balaustrati, ed accosciàvansi sul pavimento dalle nòbili pietre tombali, cui i devoti ginocchi del pòpolo, che li scolpìvano già, avèano quasi smarrito i tìtoli e i segni di tirannìa e insolenza.
La prima messa era fuori. Udìvasi il borbottìo balogio del sacerdote, che si tingeva di tanto in tanto di stizza, allorchè il chierichetto gli avvicinava un po' troppo la stoppiniera al leggìo, e gli amen del chierichetto, sbadigli usufruiti. Ed all'intorno, le volte, mormoràvano anch'esse le mattutine lor preci.
Alberto sentì presso di lui un singulto, poi uno scoppio di pianto, tosto affogato. Gli s'era a fianco seduta, una donna, che, dal fruscìo dell'àbito e per quel mai, che il fioco lume pingea, non dava certo a pensare che supplicasse il Signore pel panem quotidianum; la era forse la mamma di uno, fuggente dal mondo o dalla virtù; oppure la moglie...
Ma quì una luce improvvisa abbarbagliò tra di loro. Il sacrestano, col lanternino e la borsa, lor ricordava "i pòveri morti". Anche la donna si volse, e Alberto ed ella si vìdero. E, a lui, risovvenne uno sfreguccio di tosa, in gruppo sullo scalino di una portella, tristamente girando il collo di un fiasco, e a lei, un giovanetto pietoso, che le avea riavuta la speme e germogliato l'amore, quell'amore che poi, un marchese Andalò dovea côrre e sciupare.
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Dio Alberto Andalò
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