Non più possono esistere zone in cui la vita possa trascorrere in completa sicurezza e con relativa tranquillità. Non più il campo di battaglia potrà venire limitato: esso sarà solo circoscritto dai confini delle nazioni in lotta: tutti diventano combattenti perché tutti sono soggetti alle dirette offese del nemico: più non può sussistere una divisione fra belligeranti e non belligeranti.
Le linee di forza adagiate sulla superficie non servono più a proteggere ciò che sta dietro di esse; la vittoria sulla superficie non preserva dalle offese aeree dell'avversario il popolo che ha conseguito la vittoria, fino a che questa non abbia permesso di distruggere, occupando materialmente il territorio avversario, ciò che dà vita alle forze aeree nemiche.
Tutto ciò deve, inevitabilmente, produrre un profondo mutamento nelle forme della guerra, perché le caratteristiche essenziali vengono ad esserne radicalmente mutate, ed intuitivamente si comprende come i successivi progressi dell'arma aerea, sia dal lato tecnico che dal lato impiego, debbano portare ad una successiva svalorizzazione delle armi adatte a combattere sulla superficie; in quanto queste armi verranno a trovarsi in condizioni sempre più sfavorevoli per adempiere ad uno dei loro essenziali mandati, quale è quello di proteggere ed assicurare il paese che sono incaricate di difendere.
Il fatto brutale, ma innegabile, che deve imporsi alla nostra mente e scuoterla, è questo: il più forte Esercito schierato sulle Alpi e la più forte Marina incrociante nei nostri mari, allo stato attuale della tecnica aeronautica, non potrebbero far nulla di effettivamente pratico per impedire, dato un conflitto, che un nemico, convenientemente preparato, ci distrugga, se tale fosse il suo beneplacito, Roma, Milano, Venezia, od una qualunque delle nostre cento città.
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