L'accrescimento della efficacia delle armi induce quindi la necessità di una maggiore sproporzione di forze tra l'offensiva e la difensiva per raggiungere quella rottura d'equilibrio che fornisce la vittoria, ossia rende più difficile lo svolgersi dell'offensiva, in quanto questa, per raggiungere il suo scopo, deve possedere una maggiore preponderanza di forze sul nemico, mentre facilita, corrispondentemente, la resistenza di chi si difende.
Di fatto, nella passata guerra, l'enorme efficacia acquistata dalle armi di piccolo calibro permise alla difensiva di lasciar giungere l'offensiva fino a brevissima distanza da sé per poi arrestarla, costringendola, se intendeva compiere ancora i pochi passi che la separavano dal suo obbiettivo, ad agire non più sugli uomini, ma sul terreno preparato a difesa, mediante il faticoso e costoso impiego delle artiglierie di ogni calibro, allo scopo di sconvolgere completamente l'assetto difensivo, sino a ridurlo in macerie, seppellendovi i difensori. Così avvenne che mai, come nella grande guerra, l'offensiva riuscì difficile, aspra e dispendiosa.
Dire che l'accrescimento della potenza delle armi da fuoco avvantaggia la difensiva, non è andar contro al principio indiscutibile che solo l'offensiva, atto positivo, può dare la vittoria. Vuol dire semplicemente che l'offensiva, per l'accrescimento della potenza delle armi da fuoco, esige una preponderanza maggiore di forze.
Ciò non fu riscontrato che tardi. Così avvenne che, durante la grande guerra, si svilupparono offensive senza possederne i mezzi adeguati e che, perciò, non riuscirono, o riuscirono a mezzo.
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