Non c'è nessuna ragione che, a priori, possa escludere, nei reciproci rapporti, che le armi dell'aria possano predominare su quelle terrestri e marittime. Studiando questi reciproci rapporti si giunge appunto alla conclusione che le armi dell'aria sono destinate a predominare su quelle terrestri e marittime: queste, in causa del loro limitato potere offensivo e raggio di azione, vengono a svalorizzarsi rispetto alle armi aeree, il cui potere offensivo ed il cui raggio d'azione sono di un ordine di grandezza enormemente superiore.
Come ho detto, ci troviamo in un punto singolare della curva che segna l'evoluzione delle forme della guerra; da questo punto la curva si getta bruscamente in un'altra direzione, rompendo ogni continuità.
Perciò, se noi tenteremo di procedere distaccandoci il meno possibile dall'andamento fin qui seguito, non faremo che distaccarci dalla realtà, e finiremo per trovarci, ben presto, completamente al di fuori della realtà stessa. Per seguire la realtà, dobbiamo, come essa fa, bruscamente cambiar rotta.
Se i fatti, il ragionamento e la coscienza ci dicono che i valori relativi dell'Esercito e della Marina vengono a decadere di fronte a quello delle forze aeree, noi faremmo opera improduttiva, anzi contraria alla reale efficienza della Difesa nazionale, se ci ostinassimo, nel campo pratico, a voler dare all'Esercito ed alla Marina valori fittizi, non rispondenti, cioè, alla realtà.
Evidentemente, poiché natura non facit saltum e tanto meno ne fa l'uomo, io non pretendo che, dall'oggi al domani, si capovolgano le cose: si aboliscano Esercito e Marina per conservare ed accrescere solo le forze aeree.
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