Passiamo a considerare il secondo caso: Armata Aerea contro Armata Aerea.
Si comprende come, in questo caso, il vantaggio di chi riuscirà a prevenire il nemico risulti ancora più grande che non nel caso precedente, e come, quindi, se non è possibile riuscire a prevenire l'avversario, sia necessario lasciarsi prevenire il meno possibile.
Ammettiamo perciò, per evitare complicazioni, che le due Armate Aeree inizino contemporaneamente le loro operazioni.
Abbiamo visto che il concetto fondamentale che regge la guerra aerea è il seguente: rassegnarci a subire le offese che il nemico può infiggerci, per utilizzare tutte le risorse allo scopo di infliggere al nemico offese maggiori.
Perciò una Armata Aerea non deve assolutamente preoccuparsi di ciò che può fare l'avversaria: deve solo preoccuparsi di apportare al nemico, sulla superficie, il maggior danno possibile.
Il maggior danno possibile dipende, oltre che dai mezzi aerei disponibili, anche dalla opportuna scelta dei bersagli da battere. Quindi una Armata Aerea deve impiegare i maggiori mezzi possibili, perciò tutto ciò che da essa sarà distratto, per tentare difese aeree od altro, risulterà a danno e contrario alla finalità della guerra, ed i bersagli più opportuni saranno gli obbiettivi più sensibili, materialmente e moralmente, come quelli che forniscono le maggiori ripercussioni sull'andamento generale della guerra.
La scelta di questi bersagli, come ho già detto, è l'operazione più delicata della guerra aerea, specie quando le due parti sono provviste di Armata Aerea, perché, in tal caso, la decisione della guerra non può derivare che da uno squilibrio fra le offese arrecate all'avversario e la sua resistenza, squilibrio che occorre produrre il più rapidamente possibile, prima che si verifichi a nostro riguardo.
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