Ciò, oltre a corrispondere a logici concetti organizzativi e di impiego, evita dannosi dualismi, facili a prodursi allorché l'aviazione ausiliaria risulta pressoché indipendente dall'Esercito.
Per giungere ad adottare questo primo principio di organizzazione è necessario vincere un preconcetto che finora ha gravato sulle relazioni fra aviazione ed Esercito, e cioè che l'aviazione sia qualche cosa di tecnico da doversi lasciare in mano di tecnici specialisti; preconcetto originato dalla cosa nuova, della cui essenza non si sono occupati, appunto, che pochi specialisti.
Vincere questa resistenza è facile quando si ponga il problema nei suoi termini esatti.
L'aviazione militare si vale di mezzi tecnici e di personale che deve possedere una speciale istruzione tecnica, ma in quanto arma, deve rispondere a requisiti d'impiego come arma. L'aviazione di artiglieria ha bisogno di apparecchi che volino e di personale che sappia guidare gli apparecchi che volano, ma impiega gli apparecchi ed il personale a scopo di controllo del tiro, perciò gli uni e l'altro debbono, volando, rispondere a questo scopo: non rispondendovi, risulterebbero, all'artiglieria, perfettamente inutili.
È l'artiglieria che, conoscendo le sue necessità, deve dire quali requisiti debbono presentare gli apparecchi per rispondervi, ed è ad essa che spetta impartire l'istruzione speciale che abilita il personale della sua aviazione e coadiuvarla nel modo migliore.
Così l'artiglieria, studiato il problema, potrebbe dire, ad esempio: - mi occorrono apparecchi che permettano la facile osservazione, che siano provvisti di radiotelegrafia a bordo, che possano atterrare su campi ristretti, ecc.; - ed esaminati alla stregua delle sue necessità gli apparecchi che le fossero presentati, dovrebbe scegliere l'apparecchio che, a suo giudizio, meglio risponde ai suoi scopi.
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